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Cibi fermentati e probiotici alla portata di tutti: questa la filosofia alla base degli esperimenti culinari e gastronomici della giovane cuoca

STEFANIA DE LEO: UNA CHEF ALLA RICERCA DELL’UMAMI

Volpianese d’origine, torinese d’adozione, cittadina del mondo per vocazione. Stefania De Leo ha sempre messo al centro delle proprie esperienze l’amore per il cibo, per le materie prime di qualità abbinato a una curiosità gastronomica e di scoperta.

Una passione intrinseca, partita dalla stesura della tesi di laurea in Lingue e letterature Orientali, traducendo in italiano un libro sulla cucina cinese nella letteratura, nei film, nelle forme visive.
«Al lavoro ho sempre affiancato la passione per i viaggi, in Estremo Oriente soprattutto. Nel 2014, sono andata nelle Filippine per partecipare ad un ritiro di yoga e per la prima volta mi sono imbattuta nella cucina crudista e da lì è stato un colpo di fulmine. Una volta tornata a casa ho cominciato a leggere tutto quello che trovavo sull’argomento e ad appassionarmi”.

L’anno successivo, una doccia fredda: l’importante azienda per la quale stava lavorando, occupandosi di export e rapporti proprio con la Cina decide di mettere in cassa integrazione alcuni dipendenti, tra cui Stefania.
«Di punto in bianco tutte le mie certezze sono crollate: avevo un contratto a tempo indeterminato, la previsione di un lavoro unico per il resto della vita, un mutuo da accendere, il futuro da costruire e nel giro di poco, tutto questo era svanito. Dopo un primo periodo di smarrimento, ho cercato di trarne beneficio in qualche modo: approfittando del periodo di mobilità ho colto la palla al balzo per studiare e approfondire tutto quello che mi interessava, e guarda caso, il cibo era un filo conduttore»

La scuola di Naturopatia e un corso di cucina crudista in America la Matthew Kenney Academy; un periodo “detox” all’Ann Wigmore Natural Health di Portorico, un centro olistico di fama internazionale sono solo i primi passi mossi da Stefania. Proprio a Portorico, per la prima volta, viene in contatto con i concetti di fermentazione e uso dei germogli in cucina.

Finito questo periodo, la sfida più grande: riconvertirsi e trovare un lavoro che le permetta di trasformare questa sua passione in una professione vera e propria.
«Ho iniziato a lavora da Laleo, un ristorante in Vanchiglia, che si occupa principalmente di street food, e per la prima volta mi è stata offerta la possibilità di gestire una cucina, un atto di grande coraggio e fiducia poiché io non arrivavo dal mondo della ristorazione ed il mio background era di tutt’altro genere. Quell’esperienza, però, è stato il tassello che mi ha fatto capire che stavo andando nella direzione giusta: il cibo sarebbe stato il mio futuro. Continuando a studiare e a cercare informazioni sulla cucina a base vegetale, decidendo di utilizzare nella preparazione dei miei piatti esclusivamente questo tipo di alimenti».

Sono continuati i viaggi alla ricerca di nuovi stimoli per le sue papille che l’hanno condotta al Wild Food Café di Londra. «Nella mia cucina sicuramente si trovano le influenze asiatiche ma anche tutto ciò che ho scoperto a Londra, “The place to be” dove nascono tendenze e combinazioni di sapori». Dopo Londra ancora una nuova meta: Gozo, isola dell’arcipelago maltese, dove Stefania ha lavorato in un “retreat”, luogo in cui alimentazione, discipline olistiche, yoga, benessere si incontrano e sono parti di un unico processo.

«Mi sono poi presa un anno “sabbatico” per poter seguire tutto ciò che mi interessava: sono tornata a Londra dove ho creato degli eventi “pop up” di cucina a base vegetale oppure sono stata protagonista di alcuni “kitchen take over” (dei locali mettevano a disposizione le loro cucine e io dovevo creare dei menu personalizzati), ho iniziato collaborazioni che mi hanno portato in giro per l’Europa, e tutto ha fatto sì che il mio nome cominciasse a circolare.
D’altro canto queste esperienze hanno in qualche modo cambiato l’approccio dei ristoratori con cui ho lavorato nei confronti della cucina a base vegetale; in molti hanno visto la possibilità di affiancare nuove proposte ed ampliare così i propri menu. Ma sentivo che mancava ancora un tassello, tassello che ho poi ritrovato, completando il puzzle, quando ho incontrato Giulia Pieri, amica e chef romagnola, specializzata in cucina vegetale, integrale e probiotica. Da quel momento mi si è aperto un mondo e ho capito che è quello che mi interessa veramente».

Una nuova fase: quella della cucina con cibi fermentati. L’inizio della collaborazione con lei l’ha portata indirettamente a Carlo Nesler che, attraverso la sua CiboOfficina, produce cibi fermentati utilizzando principalmente legumi e cereali locali, il cui risultato, oltre alla concentrazione di sapore, è l’esaltazione delle proprietà nutrizionali. «Ho trovato “l’umami” il quinto sapore, sapore che in realtà nella nostra tradizione esiste da sempre ma che negli ultimi tempi era stato messo in disparte: tutta una serie di pratiche che avevano a che fare con batteri, muffe, lieviti, elementi probiotici erano state “dimenticate” dalla nostra cucina.
Durante i miei corsi di tecniche culinarie e di autoproduzione di cibi fermentati cerco di far rientrare queste antiche abitudini nell’alimentazione quotidiana. È una sfida a cui tengo molto, far capire che sono processi gestibili quotidianamente e alla portata di tutti, non solo di qualche chef che li ha riscoperti e li propone nei suoi ristoranti gourmet. Vorrei riportare questa consapevolezza alimentare sulle tavole delle persone comuni e per questo organizzo appuntamenti e laboratori, ma anche videointerviste e lezioni. Proprio con Giulia sto tenendo una serie di corsi “Dentro una bolla”, titolo evocativo che racchiude perfettamente lo spirito dell’iniziativa».

Chi volesse contattare Stefania per conoscere i prossimi appuntamenti può seguire la sua pagina Facebook https://www.facebook.com/stefaniadeleo.chef/

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