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Scienziati, scrittori, filosofi sono concordi nel trovare nella vita all'aria aperta, all'esterno delle mura domestiche, un nuovo inizio dopo la pandemia. Se ne discute a Casa Lajolo e al Castello di Miradolo

RITORNO ALLA NATURA CON “LA BELLEZZA TRA LE RIGHE”

Siamo fatti per stare nella natura. Il verde e il blu sono l’antidepressivo che Madre Natura ha regalato agli uomini, la terapia per la mente. Lo dice la scienza, e lo hanno testimoniato gli esperti che si sono succeduti nella “Settimana del cervello” lo scorso marzo a Torino. Lo si è compreso, poi, in modo inequivocabile da oltre un anno, da quando, soprattutto nei periodi di lockdown, le persone sono state costrette a rimanere dentro casa e l’unico momento, divenuto prezioso quanto la libertà tolta, è stato rappresentato dalle passeggiate nei parchi post chiusura. Respirare all’aria aperta, fuori dalle mura domestiche, è stato rigenerante, il motore del benessere psicofisico, tanto che a volte pare di rivedere il volto di un’Italia Anni Ottanta con i pic nic sui prati e le aree verdi prese d’assalto. Il motivo di questa attrazione verso la natura lo ha chiarito nel 1984 l’entomologo Edward O. Wilson, biologo dell’Università di Harvard, coniando il termine “biofilia”, il legame genetico tra uomo e natura, ipotizzando che gli esseri umani avrebbero impresso nei geni un legame istintivo con la natura e con gli organismi viventi con cui condividono il Pianeta. Dagli Stati Uniti al Giappone, e da poco in Italia, questo legame ha portato i nipponici a studiare lo Shinrin-yoku, il bagno nella foresta, una terapia che gli stessi medici giapponesi prescrivono ai pazienti che soffrono di ansia e depressione, poiché molte evidenze scientifiche hanno dimostrato che ascoltare i suoni di un bosco, respirare i profumi e gli oli essenziali rilasciati dagli alberi, osservare la luce e i colori, stabilire un contatto con le piante e con la terra diminuisca la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna e i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress), permettendo di riequilibrare il sistema nervoso autonomo, migliorare l’umore e rinforzare il sistema immunitario.

I giardini della bellezza: Castello di Miradolo e Casa Lajolo

Non a caso scienziati, scrittori e filosofi si ritrovano in questi giorni, e fino a ottobre prossimo, nei giardini del Castello di Miradolo e di Casa Lajolo, che si trovano a San Secondo di Pinerolo e a Piossasco, entrambi in provincia di Torino, a festeggiare la “Bellezza tra le righe” di luoghi incantevoli dal punto di vista paesaggistico. A veicolare una visione positiva e fiduciosa sul futuro, ci pensano i padroni di casa Maria Luisa Cosso Eynard e Alberto De Vecchi Lajolo, il quale asserisce: «In casa nostra, per tradizione famigliare, è sempre stata alta la sensibilità per la natura: mantenere un equilibrio rispettoso nel rapporto con la terra, assecondare i ritmi e le stagioni, alimentarsi secondo esse, sono atteggiamenti costanti da noi praticati spontaneamente, quasi fossero ovvi e quindi soltanto da razionalizzarsi nelle diverse forme dell’agire quotidiano. È così venuto naturale esprimere questi temi, coniugando bellezza e natura in sintonia con i luoghi di cui abbiamo ricevuto, da chi ci ha preceduto nei secoli, il privilegio e insieme la responsabilità di prenderci cura». Secondo De Vecchi Lajolo l’orientamento favorevole alla rivalutazione della natura e al suo rispetto è un trend attivatosi da tempo, e ciò che sta accadendo adesso è che si è innescata una forte accelerazione nell’acquisizione di questa consapevolezza anche in larghissimi strati della popolazione. Non una distrazione temporanea, quindi, ma un impadronirsi di un nuovo approccio verso la natura.

Maria Luisa Cosso, presidente della Fondazione Cosso, ribadisce: «La pandemia ha certamente determinato maggiore attenzione verso la natura e la consapevolezza che la nostra salute è strettamente connessa a quella del Pianeta: ogni danno arrecato all’ambiente mette in pericolo la sopravvivenza delle generazioni future. Sono profondamente convita del legame tra natura e benessere psicofisico nell’essere umano. Dal 2008, anno della sua costituzione, la Fondazione progetta e organizza nel Parco storico del Castello di Miradolo visite guidate, percorsi tematici, presentazioni di libri e attività didattiche, nelle quattro stagioni. Negli ultimi mesi ha lavorato molto per proporre una rassegna estiva con letture sotto gli alberi e conversazioni con esperti per stimolare una riflessione profonda e condivisa sui temi che rappresentano la sfida contemporanea nel rapporto tra uomo e ambiente, attraverso proposte progettate per raccontare l’importanza della sostenibilità e il valore della biodiversità».

La parola alla Scienza: l’opinione di Giorgio Vacchiano

Nei giardini di queste dimore storiche, a parlare del rapporto tra uomo e natura, lo scienziato e ricercatore torinese Giorgio Vacchiano afferma: «Già da un paio di anni la sensibilità delle persone nei confronti degli ecosistemi, in particolare alberi e foreste, è aumentata rapidamente, soprattutto per merito dei movimenti dei giovani e delle loro richieste per il contrasto alla crisi climatica. Restare chiusi in casa nelle città per diversi mesi, per molti senza nessuna possibilità di accesso al verde, come è stato anche per me, ci ha fatto percepire una mancanza di cui forse non conoscevamo l’esistenza. Ora la sfida è, per noi ricercatori, per i comunicatori, per gli educatori supportare questa presa di coscienza, accompagnare le persone a conoscere gli ecosistemi, il loro funzionamento, le loro relazioni con noi, puntando l’attenzione sulle reali soluzioni che i sistemi naturali ci offrono se lavoriamo insieme a loro». Secondo Vacchiano il distanziamento costrittivo che la pandemia ha portato con sé rischia di aumentare per le persone che vivono nel disagio urbano, non potendo accedere al verde, ma per città e società resilienti è necessario mettere queste categorie vulnerabili al primo posto. Una più equa e diffusa distribuzione di aree verdi nelle città ha il potere di migliorare il successo scolastico dei ragazzi, offrire a minoranze e gruppi disagiati possibilità di relazioni sociali, e alle persone più vulnerabili un rifugio contro gli effetti peggiori della crisi climatica in ambiente urbano. «Occorre progettare la città avendo questi obiettivi ben chiari. Il paradigma dominante finora è stato quello di considerare l’umanità qualcosa di separato dall’ambiente in cui viveva. Pandemia e crisi climatica stanno cercando di dirci che non siamo affatto entità separate e che fare pace con la natura significa in realtà cercare di non danneggiare noi stessi o i nostri figli», ricorda il ricercatore.

I bambini e il legame con la natura

Il personale medico è stato eroico agli occhi di tutti nell’affrontare la pandemia, ma ci sono stati anche altri eroi, più piccoli, certo, ma non meno coraggiosi, che si sono dimostrati un esempio per gli adulti: i bambini chiusi a casa, che da un momento all’altro non hanno più potuto giocare con gli amici al parco, e che hanno sopportato con dignità le mascherine, seduti otto ore a scuola.

Alessia Farinella, pedagogista e formatrice piemontese in ambito educativo e sociale, spiega: «L’esperienza della pandemia è stata un’opportunità per generare cambiamento, per dar la luce a una nuova idea di educazione che chiede all’uomo, sin da bambino, di imparare a leggere i segnali che provengono dalla natura e di procedere nel suo sviluppo in armonia con la stessa, nel rispetto reciproco. Il Covid ha reso inoltre visibile, alle persone che non conoscevano questa realtà, l’esistenza di servizi educativi che si fondano sui principi pedagogici dell’outdoor education. Inizialmente l’aspetto che ha colpito maggiormente molte famiglie è stato sicuramente il poter offrire ai propri figli quella continuità educativa che non era possibile nelle strutture tradizionali. In seguito alcuni hanno colto il potenziale di un’esperienza educativa così strutturata, decidendo di prolungarla nel tempo, oltre la fase del lockdown». Farinella precisa come numerose ricerche condotte in ambito clinico hanno mostrato infatti che un’educazione all’aperto porta con sé numerosi benefici, quali la promozione della salute, la riduzione del rischio di obesità e di carenza di vitamina D, la riduzione dei raffreddamenti, la diminuzione dell’iperattività e l’aumento della concentrazione, il rilassamento, minor ansia, migliore gestione dello stress, miglior sviluppo psicologico, cognitivo e relazionale. «Le esigenze di sviluppo dei bambini e dei ragazzi sono diverse, come sono diverse le motivazioni per cui preferiscono stare in casa o all’aperto. A questo proposito, la socializzazione è un ambito di sviluppo fondamentale per loro, ha funzioni diverse e può avvenire nella sua forma completa e migliore solo all’esterno delle mura domestiche. La capacità di aprirsi e di accogliere la pluralità di input che provengono dall’esterno dipende anche molto dal livello di consapevolezza di sé, di fiducia e di ben-essere che si è maturato nel proprio contesto familiare. Attualmente esistono molte iniziative rivolte ai ragazzi per coinvolgerli nella natura e farla conoscere». E i benefici di stare nella natura, a parere della pedagogista, sembrano essere anche di tipo emozionale, oltre che relativi agli apprendimenti, alla crescita, alla socializzazione e interazione con gli altri bambini, con le figure educative, con i genitori, con l’ambiente, legati sia al rispetto e alla tutela dello stesso, sia al prendersene cura.

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