Il calcio che comunica senza limiti
Si è concluso nei giorni scorsi il programma formativo di alta qualificazione rivolto ad allenatori di calciatori con disabilità. Al corso, ideato dalla Figc – Federazione italiana gioco calcio – ha partecipato anche Stephan Naso, coach della sede Insuperabili di Torino: «È molto importante comprendere che nell’interesse della persona non ci si può limitare a rapportarsi attraverso passione e un po’ di amore, finendo per alimentare quella visione pietistica che è ancora estremamente radicata nella cultura italiana. Ritengo che col tempo il corso potrà migliorare alcuni aspetti e lacune presenti al suo interno, sperando in un effettivo cambiamento culturale nel mondo calcio e disabilità».
Il cambiamento culturale delle persone con disabilità è in atto dal 2012 a Torino, e non solo, quando è nata la Scuola calcio degli Insuperabili, bambini e ragazzi con abilità intellettive, relazionali, sensoriali, comportamentali, fisiche e motorie diverse. «Michaela, ragazza con disabilità, è stata la casualità che ha fatto muovere il primo sassolino. Lei voleva giocare a calcio ma all’epoca non trovava una squadra che la accogliesse. È stata poi la nostra motivazione, unita a un forte senso di volontà, a generare quella valanga che negli anni successivi ha investito il mondo del calcio», affermano il presidente di Insuperabili Davide Leonardi e il suo vice Ezio Grosso.
Una storia, tante storie
Omar Hanafi, torinese di origini egiziane, sa bene cosa significhi per il nome che porta sulla maglietta di calcio: «Insuperabili per me è una seconda famiglia. Essere qui e poter giocare difendendo questi valori è un grande motivo di orgoglio. Questa è una realtà che a me ha dato moltissimo, sia in campo sia fuori, facendomi fare anche le prime esperienze lavorative come commesso e ora come social media manager. È stata una fortuna che ho incontrato nella mia vita per puro caso: guardando i social, ho scoperto questa scuola calcio e non ho pensato due volte a iscrivermi». Omar, oggi poco più che ventenne, ha iniziato a far parte di questa realtà, in cui sono nate molte amicizie, non arrendendosi a una diagnosi di distrofia muscolare. «Del calcio mi piace tutto – ammette – come le vittorie e le sconfitte perché insegnano molto nella vita: si può vincere e festeggiare, ma si può anche perdere e imparare a gestire le emozioni negative. Poi ci sono le notti insonni prima delle partite, il rumore dei tacchetti negli spogliatoi, far parte di un gruppo e l’adrenalina di un goal».
Sono diverse le storie che si possono raccontare attorno a centri come questo, che in Italia sono sorti per offrire, a persone con disabilità, un’alternativa in cui praticare sport serenamente: «Quando siamo nati, ci sono state il Torino e il Pinerolo che hanno iniziato a creare attività simili alle nostre, e sono state le squadre contro cui abbiamo giocato le prime partite. Negli anni, per fortuna, sono nate parecchie scuole calcio sul territorio, e la creazione all’interno della Federazione della Divisione calcio paralimpico e sperimentale ha potenziato lo sviluppo del movimento con il coinvolgimento di squadre professionistiche. Ciò ha portato alcune tra le società esistenti a gemellarsi con queste, come il Pinerolo diventato Juventus For Special», dichiarano i fondatori. Simone, ricordano, è arrivato quando era un adolescente con difficoltà relazionali e senza quasi mai aver giocato a calcio. Negli anni è cresciuto molto, calcisticamente e come persona, e continua a migliorare.
Calciatori a tutti gli effetti
Il coach Stephan Naso è d’accordo a ritenere che il modo migliore per rapportarsi con questi atleti sia quello di trattarli come i calciatori che sono, cercando, insieme con loro, di ottenere miglioramenti sotto tutti gli aspetti, quindi sportivi, cognitivi e relazionali. Ogni relazione condivisa, ogni miglioramento osservato, ogni obiettivo raggiunto con colleghi e ragazzi gli fa pensare quanto sia importante questa realtà e quanto sia fortunato a esserne parte attiva. Non si dimentichi, infatti, che al benessere fisico e psicologico si affiancano progetti di inserimenti lavorativi. Succede spesso all’interno di piccole e grandi realtà che sostengono un cambiamento di rotta e l’integrazione di persone con altre abilità. A sostenerlo sono Leonardi e Grosso: «Oltre che come atleta, Simone, ad esempio, vive Insuperabili dall’interno, essendo uno dei nostri inserimenti lavorativi, e gestisce la parte del nostro shop on line. È un caso tipico di quanto la nostra attività possa impattare in modo positivo sulla vita dei nostri atleti».
Laura Siclari, psicologa della sede di Torino, parla di relazioni tipiche che si vivono in ogni ambito sportivo tra coach e atleta e tra gli atleti stessi, sviluppandosi gradualmente. Sono relazioni semplici e positive. All’interno del campo i diversi coach costituiscono un team multidisciplinare e aiutano a favorire le relazioni anche negli atleti con capacità intersoggettive ridotte, e questo clima positivo permette di essere fonte di crescita per gli atleti, così come è stato fonte di crescita per lei.
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