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Disagio giovanile in aumento dopo la pandemia

Disagio giovanile e generazione dimenticata. Gli adolescenti. Belli, giovani, forti… e se non fosse così? E così “normale” quel disagio giovanile che si coglie spesso negli occhi degli adolescenti? I numeri ci raccontano di una diversa “normalità“, mettendo i luce la forte fragilità delle giovani vite. In tema di disagio giovanile, è proprio di queste settimane l’avvio di un progetto per la prevenzione, l’individuazione e il trattamento precoce dei giovani con disturbi emotivi comuni, coordinato dall’IRCCS (Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) Istituto Centro San Giovanni di Dio – Fatebenefratelli di Brescia. Gli interventi si inseriscono come risposta ai bisogni dei giovani adolescenti emersi da un recente sondaggio coordinato dall’IRCCS, volto a valutare la salute mentale dei giovani durante la pandemia e che ha coinvolto un campione di oltre settemila studenti di Istituti superiori della cittadina lombarda.

Il disagio giovanile negli ultimi studi e sondaggi

«L’esito ha evidenziato un’elevata frequenza di sintomi depressivi e ansiosi, rispettivamente nel 43 e nel 47 per cento degli intervistati, al di sopra della soglia di interesse clinico e la presenza di comportamenti impulsivi e maladattivi, in particolare autolesionismo, abbuffate di cibo, utilizzo di alcol e sostanze», spiega la dottoressa Roberta Rossi, responsabile dell’Unità di Ricerca “Psichiatria” dell’Istituto. Ma quali le cause dei disturbi, che certificano in modo sempre più allarmante le varie forme di disagio giovanile? «Non possiamo sapere esattamente quanto abbia influito il Covid 19 sulla salute mentale di questi giovani – aggiunge – tuttavia i risultati emersi ci hanno permesso non solo di avere un quadro più chiaro rispetto al benessere psicologico degli studenti in seguito alla pandemia, ma anche di avere delle precise indicazioni rispetto a quali aspetti della salute mentale risultano più compromessi per i ragazzi. Le caratteristiche emerse come più rilevanti possono essere inquadrate in quella categoria nota come Disturbi Emotivi Comuni, quadri molto frequenti nella popolazione generale e negli ambulatori dei medici di medicina generale. Si tratta di stati di ansia o depressivi lievi o moderati, attacchi di panico, disturbi del sonno, ossessioni, fobie, disturbi somatoformi e forme subsindromiche di disagio emotivo. Non va sottovaluta la loro alta prevalenza e il loro impatto sul funzionamento dell’individuo e, inoltre, a volte, i Disturbi Emotivi Comuni rappresentano la prima manifestazione di un disturbo psichiatrico maggiore. Nonostante l’alta prevalenza, i servizi pubblici hanno difficoltà ad intercettare questi disturbi».

Il progetto ha la durata di due anni, è finanziato nell’ambito del bando Cariplo Attenta-mente e, spiega la dottoressa Rossi, «risponde alla crescente sofferenza psicologica dei giovani, mettendo a punto una serie di azioni rivolte a studenti, insegnanti e genitori per l’implementazione di percorsi di sensibilizzazione e prevenzione sul tema della salute mentale, nonché la promozione di interventi psicologici e psicoeducativi di gruppo per giovani a rischio o che presentano quadri compatibili con i cosiddetti Disturbi Emotivi Comuni».

Disturi dell’alimentazione e disagio giovanile

Disturbi ossessivi-compulsivi, per esempio, disturbi legati all’alimentazione, sintomi sempre più evidenti del fenomeno del disagio giovanile. Ci siamo rivolti all’associazione In punta di cuore, con sede a Lanzo Torinese, che si occupa di sostegno alle famiglie di adolescenti con disturbi del comportamento alimentare. «Dopo la pandemia – spiega Lorella Girodo, del Direttivo dell’Associazione – è accertato che c’è stato un aumento del disturbo tra il 30 e il 40 per cento, ma purtroppo sono poche le strutture che possono aiutare chi ne è affetto. Si tratta di una malattia psichiatrica, che va riconosciuta e curata da un’équipe di professionisti. Le cure sono molteplici. A volte è necessario il ricovero, altre il day hospital. Non si guarisce da soli. E il percorso è lungo, prima di arrivare alla guarigione. La cura dura almeno due anni, a volte servono fino a dieci anni e più».

L’associazione In punta di cuore è nata nel 2015 come supporto alle famiglie dei pazienti in cura presso il centro DCA dell’ospedale di Lanzo Torinese. «È un percorso, quello delle famiglie, che deve avvenire in parallelo con il percorso delle proprie figlie – aggiunge Lorella Girodo – Le famiglie vanno seguite.
Ad ammalarsi sono soprattutto ragazze, ma il comportamento alimentare è solo un sintomo di un disagio interiore molto più forte. Il controllo estremo del cibo è il modo che hanno le nostre ragazze per controllare un dolore interiore che non si riesce ad affrontare. Le famiglie hanno bisogno di sostegno per imparare a comprendere le diverse sfaccettature della malattia e saperne affrontare le difficoltà».

La malattia mentale purtroppo resta ancora un tabù e spesso non se ne coglie la gravità. Ma di anoressia e bulimia si può anche morire. «Pochi i centri rispetto alla diffusione della malattia – commenta Girodo – Le liste d’attesa sono molto lunghe. Nel frattempo, a volte, le ragazze muoiono. La nostra associazione si muove anche per sensibilizzare le istituzioni sul problema delle strutture di cui c’è urgente bisogno».

L’appello dell’Unicef per arginare il disagio dei giovani in Italia e nel mondo

Il crescente disagio giovanile e la necessità di affrontarlo dal punto di vista sanitario hanno mobilitato l’Unicef, che proprio in questi mesi ha lanciato la petizione Salute per la mente di bambini e adolescenti, con lo scopo di sensibilizzare «l’opinione pubblica in Italia per garantire investimenti e azioni volte a supportare e proteggere la salute mentale di ogni bambina, bambino, adolescente».

È un grido d’aiuto che si leva forte, quello del supporto nella malattia e contro il disagio giovanile. I dati del rapporto On my mind, Unicef 2021, ne confermano il bisogno: in Europa Occidentale il suicidio nella fascia di età tra 10 e 19 anni è la seconda causa di morte, preceduta solo dagli incidenti stradali. A livello mondiale il suicidio è la quarta causa di morte in età adolescenziale, il che corrisponde a un adolescente ogni 11 minuti che nel mondo si toglie la vita.

Si stima che oltre il 13 per cento degli adolescenti tra i 10 e i 19 anni – circa 86 milioni tra i 15 e i 19 anni e 80 milioni tra i 10 e i 14 anni – abbia un disturbo mentale accertato, secondo quanto definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’ansia e la depressione ne rappresentano circa il 40 per cento.

Per l’Italia dal rapporto Unicef emerge che è il 16,6 per cento degli adolescenti fra i 10 e i 19 anni a soffrire di disturbi mentali, per un totale di circa 956mila.
La SINPIA, Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, inoltre, sottolinea un aumento delle diagnosi di discontrollo degli impulsi, autolesività, disturbi del comportamento alimentare, dopo la pandemia Covid 19. E crescono anche le “nuove dipendenze” e i fenomeni ad esse collegate: uso di Internet, cyberbullismo, gaming,

La fragilità dei giovani, per quanto impercettibile, è un dato reale, concreto. E il disagio giovanile un fenomeno che non può essere trascurato. Spetta agli adulti il compito di intervenire.

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