“Cerea” è il suo saluto, quello del giovane architetto piemontese, residente a Orbassano (TO), Simone Spaccasassi: «Capisce che con questo cognome tipico delle Marche – dice – era poco credibile sentirmi parlare in e del piemontese». Sì, perché Simone, che sulla sua pagina Facebook si presenta come Simon Uslengh, pronunciato in piemontese prendendo a prestito il cognome della nonna materna nata a Collegno (TO), ha intrapreso un percorso che nemmeno lui sa bene come spiegarsi: da anni fa ricerche su quello che non è un dialetto ma una vera e propria lingua romanza. «Mio nonno era del Monferrato, ma si trasferì a Torino e lavorò alla Fiat – racconta – Io sono sempre vissuto con i nonni, che parlavano in piemontese, e da ragazzo ho cominciato a fare ricerche congiunte con i miei amici Pietro Cociancich di Milano e Davide Grimi di Gallarate in particolare sul confine piemontese e lombardo: Novara, Vercelli, Lomellina».
“Riuscivamo a sembrare seri”
È così che ironizza Simone, ricordando gli inizi. Infatti, non esistendo un vero e proprio studio linguistico su questo territorio, i ragazzi, muniti di liste di parole da sottoporre per capirne la morfologia, si aggiravano tra le persone, che rispondevano loro o con sospetto oppure in modo molto diretto da un tavolo di un bar attorno a un mazzo di carte. I dati raccolti negli anni sono stati poi messi a disposizione e condivisi con Daniele Vitali, glottologo e traduttore italiano che lavora per l’Unione Europea a Bruxelles.
Simone spiega che gli anziani parlano ancora il piemontese, a differenza dei ragazzi, anche se tra loro ci sono parecchi meridionali e veneti arrivati molto giovani in Piemonte: «Noi abbiamo intervistato soprattutto anziani per la strada o nei luoghi di ritrovo. Purtroppo i risultati delle ricerche non sono prossimi alla pubblicazione, perché dovrebbero essere ancora integrati, anche se abbiamo avuto il supporto di Lorenzo Ferrarotti, dottore di ricerca dell’Università di Torino, che ci ha anche accompagnati a Rimella in Valsesia e pubblicherà uno studio sul dialetto romanzo di Rimella. Per conto mio, d’altra parte, ho cominciato a fare alcune ricerche sulle Alpi Occidentali, andate avanti dal 2018 fino all’inverno del 2019/2020».
La “rivelazione” di Simone
«Ho frequentato il liceo a Cumiana e lì ho iniziato a parlare il piemontese con i figli degli agricoltori. Ricordo che la rivelazione, se così si può definire, la ebbi grazie a una compagna di scuola più piccola di me, che ripeteva sempre che eravamo in Italia e bisognava parlare italiano. Io le risposi: “Ma siamo anche in Piemonte e si parla piemontese”. È da allora, quasi per ripicca, che ho cominciato». Proprio così, e non si è più fermato, tanto da girare, superando un’iniziale timidezza, diversi video che si trovano su YouTube (canale Simon), tra cui La definission ëd Lenga Piemontèisa con oltre ottomila visualizzazioni. In realtà i video che ha fatto Simone, il quale per alcuni anni si è occupato, insieme con un professore del Politecnico di Torino, del sito in piemontese di Wikipedia (la pì granda enciclopedìa dël mond an sla Ragnà), sono stati, a parer suo, dettati dalla noia: «Il primo, il più “balengo”, l’ho girato nell’estate della maturità, quando non avevo nulla da fare e, appunto, mi annoiavo terribilmente».
In seguito, notando che in Rete circolavano soprattutto video abbastanza simili tra loro sul piemontese, si è appassionato alla letteratura che ruota attorno a questa lingua, una letteratura complicata a suo dire, in cui spicca il nome, ad esempio, di Luigi Armando Olivero, poeta e giornalista italiano in lingua piemontese del Novecento. Poco conosciuto ai più, Olivero ebbe rapporti epistolari con letterati importanti, quali il poeta romano Trilussa e il poeta e saggista statunitense Ezra Pound. «In uno stile futurista, alla Marinetti per intenderci, Olivero si chiede in una sua poesia in piemontese quale sarà il futuro dell’umanità – afferma Simone – Esistono, inoltre, molti romanzi d’appendice dell’Ottocento ambientati a Torino e scritti in piemontese».
I video in piemontese di Simon Uslengh
Impegno e ironia sono i principali ingredienti dei video dell’architetto piemontese. Forse questo è il motivo per cui, non risultando troppo accademici, Simone si è stupito del fatto che uno sulle vocali, in particolare, ha girato molto negli ultimi due anni tra giovani e meno giovani, arrivando addirittura al pubblico argentino, che gli ha scritto da Cordoba, Santa Fe, Rosario e Buenos Aires. «Facendo alcune ricerche ho scoperto che la nostra gente, nonni e bisnonni, partiva dalle campagne piemontesi, si imbarcava a Genova per Buenos Aires e, arrivata in Argentina, veniva mandata nella Pampa, un vasto territorio di praterie e steppe, dove, assegnato un pezzo di terra, rimaneva lì a coltivarla. Gli Argentini, oggi, parlano ancora il piemontese, poiché fin dai tempi degli immigrati del 1880 hanno mantenuto questa lingua europea non ufficiale».
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