Vrù: arte, storia e memoria in Val Grande
Per chi ancora non la conoscesse Vrù è una delle borgate alpine più curiose e caratteristiche delle Valli di Lanzo. Si trova poco sopra il paese di Cantoira, in Val Grande. Meta di passeggiate in montagna, negli ultimi anni ha attirato l’attenzione di molti visitatori per la presenza di alcune insolite costruzioni: il presepe meccanico, la miniatura della Mole Antonelliana e quella della torre di Pisa. Furono costruite da Francesco Berta, conosciuto come “Cichin” e da suo figlio Giovanni. La piccola borgata ha una lunga storia che viene raccontata attraverso le didascalie sparse tra le case in pietra. In giro per la borgata si possono notare anche alcune decorazioni floreali e artistiche sulle porte, sulle fontane e sui balconi. Per scoprire qualcosa in più sul borgo, sulla sua origine e sul suo mantenimento, abbiamo avuto il piacere di parlare con un uomo che ha contribuito personalmente all’abbellimento di Vrù. Proprio il figlio di “Cichin”, Giovanni Berta.
L’intervista
Buongiorno Giovanni, come è legato a Vrù?
«Io a Vrù ci sono nato, 64 anni fa. Ho sempre vissuto qui alla baita d’estate e alla borgata d’inverno. Andavamo da bambini a piedi a Cantoira quando ancora la strada asfaltata non c’era. Ricordo quando dovevamo percorrerla in inverno ed era piena di neve, i genitori dicevano al più grande di fare strada agli altri. Nel Dopoguerra è resistito lo spopolamento perché c’erano ancora le miniere di talco, che permisero ai padri di famiglia di rimanere qui.»
Vrù ha una storia particolare e tra i tanti aneddoti giunti fino a noi ce n’è uno riguardante un bombardamento. Passeggiando in mezzo al borgo si possono leggere alcune didascalie che raccontano la vita di un tempo e in particolare quell’episodio.
«Nel ’43 gli inglesi hanno lanciato una bomba e, per fortuna, hanno sbagliato mira. Nonostante ciò, la bomba divelte tutte le finestre e le porte. Grazie a Dio non ci furono vittime, ma solo due feriti. Un bambino, che era appena nato e stava in una culla, rotolò nel solaio ma non si fece del male.»
Come è nata l’idea di realizzare una versione in scala ridotta della Mole Antonelliana e della Torre di Pisa?
«Le abbiamo costruite un po’ per hobby mio padre ed io. Avevo la passione per la pietra e il cemento. Mio padre aveva tante idee perché guardava delle riviste e delle cartoline. La Mole Antonelliana l’abbiamo iniziata nel tardo autunno del ’92. Io cercavo le pietre in giro qui nella zona e portavo delle lattine di olio in lamiera recuperate da una fabbrica. Riempiendole di cemento e con alcuni ferri rigidi siamo riusciti a sostenere la struttura. Lavoravamo solo con scalpelli, martelli e tanta pazienza.
Un giorno andai a Pisa in gita. Mandai una cartolina del famoso monumento a mio padre e quando tornai a casa mi disse che sarebbe stato bello costruirla. Quindi tre anni dopo la costruzione della Mole, abbiamo cominciato i nuovi lavori. Non è stato facile ottenere la pendenza, che abbiamo ricavato in scala dalla cartolina. Ci preoccupava la sua stabilità, ma ormai sono 25 anni che è lì. Quattro ferri all’interno più la muratura all’esterno rendono solida la costruzione. Abbiamo utilizzato anche canali di scolo delle case e le solite lattine dell’olio.»
Il presepe meccanico invece, anche questa è una attrazione molto apprezzata?
«L’ha iniziato mio padre nel ’60. Ha fatto quasi tutto lui. Io ho aggiunto solo 8 personaggi. Richiede però molta manutenzione. I primi pezzi originali sono già stati ricostruiti. Sono fatti di legno, con alcuni pezzi di stoffa, e con l’ambiente umido si deteriorano. Il presepe rappresenta la vita delle borgate alpine. L’arte dell’arrangiarsi la fa da padrone. Chi sapeva fare un mestiere aiutava gli altri che avevano altre capacità. Chi faceva le ceste, chi il mugnaio, chi sapeva affilare e chi sapeva filare.»
A Vrù vengono tante persone, principalmente, per le vostre miniature e per il presepe meccanico. Immagino sia una bella soddisfazione per voi.
«Sì, è una bella soddisfazione. Il merito però non solo delle miniature o del presepe, ma di tutto quello che c’è, oltre che della popolazione, naturalmente. Anche i giovani abitanti originari del luogo aiutano a mantenere puliti il borgo e i prati. Come si dice: tutto fa!»
Ha in mente qualche altro progetto per arricchire ulteriormente la borgata di Vrù?
“Mi piacerebbe ancora realizzare un altro edificio in scala: un trullo. Devo trovare, però, la pietra adatta. Ho un genero che mi dà manforte e ha appoggiato l’idea. Non so dire però quando cominceremo.”
Per far conoscere Vrù e le sue famiglie è stata fondata anche un’associazione.
«Sì. L’hanno ideata i nipoti di mio padre e si occupano della borgata e del suo mantenimento. Organizzano delle iniziative per farla conoscere e attirare nuovi visitatori in diversi periodi dell’anno. Attraverso l’associazione sono state proposte delle mostre fotografiche e alcune attività legate al turismo. All’associazione hanno voluto dare il nome di mio padre, Associazione Culturale Francesco Berta»
Mi tolga ancora una curiosità, ma è vero che suo padre portò anche il cinema a Vrù?
«Sì, a Vrù le prime volte e poi costruì un fabbricato a Cantoira dove inserire una sala cinematografica vera e propria, nei primi anni ’60. Fu il primo cinema in assoluto nelle valli di Lanzo».
Chi volesse rimanere aggiornato sulle proposte dell’associazione può seguire la pagina Fb Ass. Culturale Francesco Berta oppure può seguire il profilo Instagram ass.culturale.francescoberta
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