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TRA VIRTUOSISMI GYPSY E IL GRANDE LEBOWSKY

MAURIZIO MAZZEO: CHITARRA MANOUCHE E SPIRITO CONTROCORRENTE

Maurizio Mazzeo - Chitarra Manouche

Scritto da Federica Furbatto

18 Settembre 2020

Quando ho chiesto a Maurizio Mazzeo di poterlo intervistare ho trovato dall’altra parte del telefono una piena disponibilità mista a stupore, quasi a voler dire “Sei sicura, vuoi intervistare me?” Per poi accordarmi un appuntamento «Ma mi raccomando vieni sul presto, così ho la scusa per alzarmi prima».

Basta digitare su YouTube Maurizio “Maury” Mazzeo, detto Drugo, per capire che cosa è in grado di fare con due mani e sei corde e un gruppo di musicisti affiatati con cui si esibisce in giro per i locali del Nord Italia e della Francia, diventando uno dei maggiori esponenti del genere manouche in Italia.

È pensare che tutto è nato per caso e che da ragazzino voleva diventare batterista, quando gli chiedo come mai questo cambio di strumento, la sua risposta è semplice, persino spiazzante: «Diciamo che ho dovuto scegliere se suonare la chitarra o non suonare niente, i miei genitori non avrebbero mai potuto prendermi una batteria, però mi regalarono una chitarra e cominciai ad andare a lezione da Paolo Giambertone, maestro a cui devo molto».

Sì, perché oltre ad insegnare le basi, le tecniche della chitarra classica, gli ha fatto capire quanto sia importante l’improvvisazione, la capacità di sperimentare nuove soluzioni musicali, a volte ardite ma sicuramente cariche di personalità. «Tant’è che quando la scuola che frequentavo ha cambiato insegnante ho smesso di andare a lezione. Ma non ho mai smesso di suonare, continuando da autodidatta, cercando la mia strada, spostando sempre un po’ più in là l’asticella della mia curiosità». E la sperimentazione lo porta anche ad abbracciare generi più moderni, contemporanei, la chitarra elettrica, finendo a 19 anni a suonare in una band heavy metal.

«Mi dividevo fra lezioni private e lo studio. A completare il tutto anche tre anni di formazione in musicoterapia per poter ampliare ulteriormente le possibilità di lavorare con la musica»

Come è nata la passione per il Gypsy Jazz e Django Reihnard?
«Lo conoscevo di nome, ho cominciato a leggere la sua biografia, e quando ho sentito i primi pezzi sono rimasto stupito, completamente rapito. All’epoca suonavo la chitarra elettrica, ho cominciato a riprendere in mano l’acustica, cercando di avvicinarmi sempre di più a questo genere che è un mix tra il jazz americano arrivato in Europa, il valse francese e la musica tradizionale “tzigana”, al cui interno presenta influenze arabeggianti, flamenche, balcaniche e virtuosismi. Insomma un vero è proprio insieme di stimoli che mi ha chiamato a sé».

Ad interessare Maury Mazzeo detto Drugo, oltre alla parte musicale c’è tutto il retroterra culturale che una volta scoperto gli spalanca un mondo: i concerti manouche sono delle vere e proprie jam session dove ogni musicista dona il proprio apporto, ogni concerto è diverso dall’altro anche se viene riproposto lo stesso repertorio perché ogni musicista ci mette del suo per renderlo personale. Ed è qui che trova la sua strada, un genere che è un mix di generi che gli consente di esibirsi esprimendo propria personalità.

E così nel 2015 nasce il progetto 20 Strings, il nome deriva dalla somma delle corde degli allora componenti: 2 chitarre, un violino ed un contrabbasso. In questi 4 anni se ne è fatta di strada e il gruppo, i cui musicisti possono variare di volta in volta si esibiscono in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Liguria e anche in Francia, sempre quella serie di coincidenze che hanno caratterizzato la vita artistica di Maurizio Mazzeo detto Drugo.

Sì, perché arrivare ad esibirsi in Francia per un gruppo di italiani non di origine manouche è davvero difficile o basta credere nelle coincidenze. La coincidenza questa volta si chiama Laurent Courtois, è un noto musicista jazz manouche che deve esibirsi in Italia per alcune date e cerca una sistemazione. «L’ho contattato sui social network e gli ho offerto di venire a stare da me, visto che anche io ero musicista “così ci facciamo una suonata”; da lì è nata una bella amicizia che ci ha permesso di esibirci in uno dei più importanti jazz club di Grenoble, dopo averci dato moltissimi consigli. È venuto più di una volta a suonare in Italia ma quando torna non manca mai di fare un salto alla Soce di Ciriè per una jam.

La formazione attuale dei 20 Strings è composta, oltre da me, da Alberto Palazzi alla chitarra ritmica e Andrea Garombo al contrabbasso ma abbiamo tutta una serie di amici, grandi professionisti che ruotano a seconda delle esigenze: Simone Arlorio al clarinetto, Lodovico Berto al vibrafono, Ilaria Allegri alla voce».

A chi gli chiede quando uscirà un nuovo disco dopo quello di esordio del 2014, Drugo, risponde: «C’è tutta l’intenzione ma vogliamo avere ben chiaro cosa fare, magari proponendo anche un repertorio un po’ diverso da quello che siamo soliti avere. A livello personale poi mi piacerebbe riprendere in mano la chitarra elettrica e provare a fare qualcosa di totalmente diverso.

Le mie giornate si suddividono tra lo studio al mattino e l’insegnamento al pomeriggio. Chi insegna deve mostrare capacità empatiche, deve essere in grado di fornire stimoli, scegliere i brani da assegnare in base alle capacità dell’allievo ma anche lasciargli spazio di potersi esprimere e chiedere direttamente a lui che cosa avrebbe piacere di suonare. I risultati son sicuramente migliori rispetto a quelli ottenuti dalla sola imposizione».

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