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Al Parco Dora dal 4 al 6 luglio 2025

KAPPA FUTURFESTIVAL 2025, L’UTOPIA ELETTRONICA CHE HA RICONQUISTATO TORINO

C’è un luogo dove le ciminiere industriali fanno da sfondo a ritmi pulsanti, dove il cemento si fonde con le melodie sintetiche, e dove 157 bandiere diverse sventolano tutte all’unisono. È il Kappa FuturFestival, il colosso della musica elettronica che dal 2009 trasforma Torino in una capitale globale del sound digitale. Dal 4 al 6 luglio 2025, il festival torna al Parco Dora con un’esplosione di bassi che scuoterà persino le fondamenta dell’ex acciaieria.

Kappa Futurfestival, da festa di quartiere a fenomeno globale

Nato nel 2009 come celebrazione del centenario futurista, il Kappa FuturFestival (all’epoca semplicemente “FuturFestival”) aveva l’ambizione di ridisegnare il Capodanno torinese. Con i Groove Armada e Juliette Lewis in piazza Vittorio Veneto, quella prima edizione attirò 7.000 curiosi. Nessuno immaginava che, 16 anni dopo, avrebbe riunito 115.000 persone da 157 nazioni (record dell’edizione 2024), scalando la classifica di DJ Mag fino al sesto posto mondiale, davanti a giganti come Coachella e Burning Man.

La svolta arrivò nel 2012: abbandonati i club, il Kappa Futurfestival abbracciò il daylight rave nel post-industriale Parco Dora, con Deadmau5 e Carl Cox a battezzare il nuovo corso. Oggi, tra le torri di raffreddamento tappezzate di street art e l’iconico skate park, il KFF è un esperimento sociale quanto musicale: qui, il pubblico è composto per il 40% da internazionali, uniti da un unico credo: ballare finché l’acciaio trema.

Parco Dora, cattedrale industriale della musica

Non esiste location al mondo più iconica per un festival di musica elettronica come il Kappa Futurfestival. Il Parco Dora, primo parco post-industriale d’Italia, è un monumento vivente alla riconversione urbana. Tra le imponenti strutture delle ex acciaierie – scheletri metallici che sfidano il cielo – e le torri di raffreddamento trasformate in tele per street artist internazionali, si respira ancora l’energia delle fabbriche che un giorno pulsavano di attività.

Oggi, invece di colate di metallo incandescente, è la musica a scorrere tra queste strutture. Il festival sfrutta magistralmente l’acustica unica creata dalle pareti di cemento e dalle strutture metalliche, mentre lo skate park si trasforma in una pista da ballo a cielo aperto. È qui, in questo contrasto tra passato industriale e futuro digitale, che il Kappa FutureFestival trova la sua anima più autentica.

Programma 2025: i palchi del Kappa Futurfestival come continenti sonori

Come nelle edizioni precedenti che hanno visto esibirsi leggende come Carl Cox, Peggy Gou e Aphex Twin, anche il 2025 promette un mix tra icone globali e talenti emergenti. I 5 palchi del festival rappresentano altrettanti universi sonori:

Main Stage – Il gigante d’acciaio
Dove le superstar della scena elettronica internazionale hanno fatto tremare le strutture metalliche del parco. Nell’ultima edizione hanno dominato artisti come Amelie Lens e Charlotte de Witte con il loro techno ipnotico.

FuturLab – La cattedrale del basso
Tempio delle sperimentazioni più audaci, qui artisti come Richie Hawtin hanno ridefinito i confini della musica elettronica con performance avanguardistiche.

KappaBass – L’antro del dub
Regno dei bassi profondi, dove le vibrazioni risuonano tra le strutture in cemento, ricordando le storiche sessioni di artisti come Mala e The Bug.

L’eredità sociale: Ballare per la scienza
Il Kappa FuturFestival non è solo musica. Con il Charity Program, sostiene Help Olly Onlus nella ricerca sulla paraparesi spastica: i fondi del 2025 finanzieranno l’analisi dei fibroblasti di Olivia tramite microscopia elettronica, i cui risultati saranno open-access per la comunità scientifica.

Quando: Dal 4 al 6 luglio 2025, dalle 14:00 all’alba
Dove: Parco Dora, Torino – ex acciaierie riconvertite in “Stonehenge del techno”
Perché venire? Perché qui, tra le cicatrici dell’industria e i LED abbaglianti, si prova cosa significhi “futuro”: non solo tecnologia, ma umanità in movimento. Come disse un vecchio torinese: “Qui una volta si fondeva il metallo. Ora si fondono le culture”.

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