“In Valchiusella non ci si arriva per caso, bisogna volerlo” scriveva nel 2012 Antonio Giorgi su Avvenire. In effetti, a cercarle, sono ormai davvero tante le persone che hanno deciso di trasferirsi in Valchiusella, nel cuore alpino del Canavese: tanti gli stranieri, molti di più gli italiani e i piemontesi, che si sono innamorati o hanno riscoperto questa terra rigogliosa e verdissima. Attività ricettive, artigianali, agricole o casearie tutte accumunate dallo stretto legame con il territorio e le sue ricchezze e dalla ferma volontà di vivere e lavorare seguendo l’ordine naturale delle cose: è la natura che detta tempi, modi e regole. Semplicemente.
Non è un caso infatti se la Valchiusella, questa lingua di terra alle spalle di Ivrea, stretta fra le montagne della Valle d’Aosta e del Gran Paradiso, viene chiamata la “piccola Svizzera” da Carlo Petrini, fondatore, presidente ed instancabile promotore dello Slow Food, che proprio qui, in diverse occasioni e personalmente, ha potuto osservare da vicino e confrontarsi con chi la montagna la vive davvero ed ha sposato i suoi stessi principi: «Mangiar buono, pulito e giusto».
La storia di Sara ed Enzo, per amore della Valchiusella
Fra le tante storie da raccontare, c’è quella di Sara ed Enzo Cannizzo, 36 e 40 anni, giovane coppia di Volpiano che ha scelto la Valchiusella per realizzare la propria attività e metter su famiglia. Ci incontriamo in una fresca e tersa mattina settembrina, in località Ponte Prelle, piccola frazione di Inverso di Valchiusa, nel parco della loro baita Country House Valchiusella dove a far da cornice ci sono il bosco, le montagne e la voce monotona, a tratti ipnotica, del torrente Chiusella che scorre imperturbabile poco più in là.
Enzo è molto ospitale, aperto e generoso nel raccontarsi. Ci accomodiamo al tavolino esterno, all’ombra di una tenda triangolare, che fa davvero country, davanti a due tazze fumanti di ottimo tè alla menta, che più tardi scopriremo essere una parte dell’attività imprenditoriale di casa Cannizzo; nel frattempo, la moglie Sara, giovane donna solare, simpatica ed ottima fotografa (sue le belle foto sui social) intrattiene sorridente l’ospite tedesca della Country House, con l’aiuto di Google traduttore nei momenti in cui l’inglese vacilla da entrambe le parti.
Enzo racconta che il loro insediamento “fisico” in Valchiusella è incominciato nel 2018, anche se la scoperta di questa meravigliosa valle risale a diversi anni prima e, come spesso accade nella vita, è avvenuta per caso: frequentando un corso di somministrazione alimentare e bevande organizzato dalla Camera di Commercio di Torino, fra una chiacchiera e l’altra con una compagna, la scoperta dell’esistenza della Valchiusella e da lì il passo è stato breve…
«Nella classe c’era una ragazza che faceva il corso perché veniva a vivere in Valchiusella, da Torino, per produrre formaggi – ricorda Enzo – un giorno le ho chiesto: “Ma dove si trova la Valchiusella? Non l’ho mai sentita!” e lei mi ha risposto: “Anch’io non la conoscevo! È un posto stupendo, un piccolo paradiso: ci trasferiamo lì”. Lì per lì non è successo nulla, poi a distanza di anni, cercando una casa che soddisfacesse alla nostra volontà di vivere in mezzo alla natura, mi è tornata in mente la Valchiusella: facendo qualche ricerca su internet ci siamo imbattuti in questa meraviglia e abbiamo deciso di venire a scoprirla».
Sara ed Enzo girano la Valchiusella in lungo e in largo poi, finalmente, quattro anni fa si innamorano di quella che sarà la loro casa a Drusacco e di questa baita che, con gusto e pazienza, ristrutturano e arredano per poter accogliere turisti da tutta Europa e non solo.
La Valchiusella è un amore, ma soprattutto una scelta ragionata
Quello di Enzo e Sara in Valchiusella, però, non è stato il classico salto nel buio, perché il loro background viene dal turismo. Enzo si era presto orientato nel mondo dell’accoglienza e della ristorazione: in Sardegna soprattutto (dove ha conosciuto Sara) ma anche in giro per l’Italia, facendo le stagioni al mare d’estate e in montagna d’inverno. Forte di queste esperienze, Enzo capisce che è ora di trovare la propria strada e di mettersi in proprio: prima come grossista e rivenditore di tè e tisane con la sua “Tea Ciok” (rigorosamente bio, di provenienza e qualità certificata), oggi con l’aggiunta dell’ospitalità rurale.
Enzo spiega che per insediarsi in Valchiusella non si sono appoggiati al bando di ripopolazione delle zone montane, messo a disposizione dalla Regione Piemonte, né ad altre sovvenzioni poiché presupponevano parametri, requisiti e regole piuttosto rigide; hanno preferito fare tutto da soli, affidandosi solo alle proprie forze, piano piano e non senza difficoltà ma ancora più orgogliosi di ciò che hanno costruito. Cambiando residenza e dovendo avviare un’attività, il primo approccio è stato ovviamente con gli apparati amministrativi. «Il rapporto con l’amministrazione comunale è stato positivo, quasi meno formale – raccontano i Cannizzo – Percepisci che la loro volontà è quella di farti stare bene, di venirti incontro se possono. Sono consapevoli che la tua presenza e la tua attività produrranno dei benefici a cascata su tutto il territorio».
È anche vero però, che la macchina burocratica è quella italiana, con tutti i limiti che ben conosciamo ed Enzo si dimostra un uomo concreto: non si può sempre aspettare che il Comune, o chi per esso, intervenga. Lui, come gli uomini e le donne che popolano la Valchiusella sono consci del valore e dell’importanza della tutela del territorio: l’acqua e la terra sono la nostra ricchezza, ma anche l’acqua e la terra hanno bisogno di cure e rispetto. «Non posso pensare – dice correttamente Enzo – di dover aspettare che qualcuno venga a mantenere la terra su cui vivo e che mi nutre: me ne occupo rimboccandomi le maniche, come si faceva una volta. Tenere puliti e in ordine i rivi, i sentieri e i boschi non è da delegare ad altri, ognuno di noi nel suo piccolo può e deve fare la sua parte, abitanti e turisti, per tutti e per le generazioni future».
Rinunce? Mai. La montagna richiede solo ragionevoli compromessi
Ma ciò che più sorprende e affascina, nel discorso di Sara ed Enzo, è la serenità che deriva da ciò che hanno acquisito, più il disagio per le rinunce che hanno dovuto fare spostando il proprio mondo in montagna. «Quali rinunce? – precisa Enzo – Non abbiamo rinunciato a nulla. Perché ciò che la città offriva a noi non interessava. Certo, ti ritrovi in una realtà completamente differente, una comunità completamente differente. Qui vedi e vivi il cambiare delle stagioni, vivi davvero a contatto con la natura, ti accorgi del suo ritmo lento. Qui ti rendi conto che sei parte di qualcosa di molto più grande ed importante, impari a dare valore anche alle piccole cose, a ciò che la terra ti dona. Non è semplice, se non nasci in un contesto di questo tipo: non hai la famiglia, le radici, non hai costruito quella rete di rapporti sociali che ti sostengono. È una rinuncia che però è compensata dalla vita che ci offre il vivere a stretto contatto con la natura: le lancette dell’orologio che rallentano, svegliarsi la mattina e meravigliarsi nel vedere dalla finestra i caprioli che brucano l’erba del tuo prato, il regalo che i nostri ospiti ci fanno ogni volta che condividono con noi le loro storie. È un compromesso, come tanti nella vita, che noi abbiamo accettato consapevolmente e felicemente».
Mai un ripensamento, dunque. Nemmeno quando, finita l’euforia dei primi mesi, avrebbero potuto chiedersi se davvero avessero fatto la scelta giusta. Insomma, neanche il classico “chi ce l’ha fatto fare”? «No, assolutamente – ribattono sicuri Sara ed Enzo – Era la vita che volevamo. Ovviamente la vita in montagna comporta tanti momenti di solitudine, che si amplificano quando il tempo non ti consente di stare all’aria aperta. Ci siamo costruiti delle belle amicizie, persone sulle quali poter contare; i vicini, quando ci siamo trasferiti, si sono presentati, ci hanno accolti a braccia aperte e con generosità anche se, come potete vedere guardandovi intorno, il concetto di vicinato fisico qui viene stravolto. Ciò su cui ci interroghiamo spesso, invece, e che ci provoca qualche turbamento è il pensare che questa nostra scelta ricada inevitabilmente su nostro figlio. Noi proveniamo da una realtà diversa che lui inevitabilmente non può vivere. D’altra parte, siamo orgogliosi del fatto che il bambino, a tre anni, conosca già le differenti varietà di fiori che lo circondano, che sappia come e da dove proviene il latte che beve. Magari, è un po’ complicato pensare di fargli fare un corso di pianoforte o teatro, per esempio. Ma si tratta di nuovo di compromessi».
Prima ricordavamo che Carlo Petrini ha paragonato la Valchiusella a una piccola Svizzera, ora Enzo la paragona a un piccolo paradiso. Se ce lo permettono, da amanti di questo mondo fantastico, ci accodiamo a loro paragonandola a un piccolo e antico gioiello, di quelli artigianali. Un gioiello ricco di fascino per le memorie e le emozioni delle generazioni che l’hanno custodito, ricco di passioni degli uomini e delle donne che l’hanno plasmato, curato e rispettato.
Due persone eccezionali che producono prodotti altrettanto eccezionali.
Chapoue
Coraggiosi e amabili i personaggi di questa storia