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Quella piccola stazione sciistica che sembra fatta apposta per le imprese di successo di imprenditori visionari: dalla famiglia Dagna ai quattro giovani che oggi danno vita a un mondo

COLLE DEL LYS, DOVE SOAVE È IL “RUGGIRE” DEI SOGNI

VIÙ – Silenzio. È stato probabilmente questo a colpire di più chi, nei mesi invernali appena trascorsi, ha scelto di salire agli impianti del Colle del Lys, valico alpino che collega la Val di Susa e la Val di Viù. A mancare non era tanto il vociare della gente, dei bambini che giocano con la neve, degli sportivi a caccia di un contatto con natura. A far “sentire” la propria assenza era il rombo di un motore diesel. Sì, può sembrare strano. Cosa c’entra un rumore meccanico con la poesia di una montagna innevata? Eppure qui, al Colle del Lys, questo suono è di casa.

La storia di un’impresa coraggiosa sulle nostre montagne

colle-del-lys-torino-metropoli-sci-rivista-promuovere Facciamo un tuffo indietro di 57 anni. A poco più di 1.300 metri di quota, sulla tranquilla sommità del Colle del Lys, si sente per la prima volta il ruggito di questo motore. È lui il cuore pulsante della sciovia “Belvedere”: 450 metri di lunghezza per 90 di dislivello. Un impianto realizzato dalla Carlevaro e Savio, ditta già esperta nel settore.

Sua infatti la costruzione, nel 1946, della seggiovia del monte Colomion, a Bardonecchia, in sostituzione dell’ormai vetusta slittovia degli anni Trenta. E se il primo Novecento vede il lancio di diverse località pionieristiche per lo sci alpino (Limone Piemonte, Sauze d’Oulx, Corvara, Cortina d’Ampezzo, giusto per citarne alcune), è a partire dagli Sessanta, complice anche il benessere economico, che il fenomeno conosce davvero sviluppo e diffusione.

Un’opportunità che la famiglia Dagna non si fa sfuggire, lanciando, nel 1964, la piccola stazione in cima al Colle del Lys.

Quando per la prima volta illuminarono la pista Belvedere…

Complici la gran voglia di fare e la vicinanza a Torino, l’impianto ha un immediato successo, tanto da convincere i proprietari, a soli 10 anni dalla prima apertura, a costruire un secondo impianto. La nuova sciovia “La Comba”, con le sue 4 piste da oltre un chilometro, trasforma la piccola realtà imprenditoriale in una stazione sciistica a tutti gli effetti. Le cose continuano ad andare molto bene anche nel successivo decennio. Neve abbondante, prezzo contenuto e poca distanza dal capoluogo sono un mix vincente, tanto che a metà degli anni Ottanta la media giornaliera delle persone che fruiscono degli impianti arriva a quota 430. Un successo che convince la proprietà a fare un ulteriore salto in avanti, costruendo il terzo impianto: “La Betulla”. Le Sciovie del Lys godono in questo momento del periodo di massimo splendore, tanto che, pionieristicamente, si arriva persino ad illuminare la pista “Belvedere”, consentendo di praticare anche lo sci in notturna.

Il declino dello sci sulle piste del Lys

Ma gli anni d’oro al Colle del Lys finiscono in fretta e alla fine degli anni Ottanta incomincia il lento declino. A incidere sono soprattutto il cambiamento del clima, che porta sempre più spesso alla carenza di neve, il benessere economico e la facilità di spostamento, che devia sempre più importanti numeri di persone verso i grandi comprensori. La proprietà non demorde e sonda la possibilità di installare l’innevamento artificiale, ma non c’è niente da fare: non c’è acqua in zona e – anche si decidesse di costruire un impianto per portarla – la scarsa quota del Colle non garantirebbe la possibilità di sparare. A queste difficoltà si aggiunge l’investimento di 150 milioni di lire necessario per il rinnovo obbligatorio de “La Comba”, fulcro della stazione. È davvero troppo: la proprietà getta la spugna e nel 2002 le Sciovie del Lys chiudono i battenti.

Il motore torna a ruggire: la rinascita del Colle del Lys

Negli anni immediatamente successivi, nessuno si fa avanti. La famiglia Dagna riesce ad affidare in gestione solo l’albergo-ristorante mentre gli impianti restano lì, immobili scheletri di metallo a memoria di quella gloria passata. Ma nel sogno di vederli girare come un tempo qualcuno crede ancora. E così, nel 2010, quattro giovani, di cui tre cresciuti proprio su quelle piste, lanciano la loro idea per la rinascita della piccola stazione: un albergo-osteria che offra anche la possibilità di una sciata “amatoriale”. Nessun grosso finanziamento pubblico, ma mano ai portafogli. La proprietà accetta.

«È stata una scommessa e abbiamo anche dovuto muoverci in fretta – racconta Giuseppe, responsabile dell’impianto e marito di Federica Trovati, una dei quattro soci che hanno rilevato le sciovie del Colle del Lys – Mentre degli altri impianti la revisione era già scaduta e quindi per riattivarli avremmo dovuto praticamente rifarli, con “Belvedere” siamo arrivati appena in tempo per il rinnovo».

E così alle 9 del 4 febbraio 2011 sul Colle del Lys il motore diesel che anima lo skilift “Belvedere” è tornato a ruggire; e da allora non si è più fermato. Probabilmente una realtà basata su un modesto albergo-ristorante e una pista da sci non avrebbe vita lunga vicino alle grandi stazioni. Ma la sua unicità, che le ha permesso di nascere, crescere e ora anche risorgere dalle sue stesse ceneri, non sta solo in questo. Il suo motore, la sua forza, non sono né il diesel né la vicinanza alla città, ma la gente che ha il vizio di pensare in grande.

«Quando abbiamo riaperto – prosegue Giuseppe – abbiamo subito investito su un impianto di illuminazione per la pista da 20mila watt, a norma per lo sci notturno. Così abbiamo gente che la sera mangia cena, fa qualche discesa, poi si gode una pausa per un dolce o un amaro ecc. Non puntiamo di certo a far concorrenza alle grandi stazioni, ma solo ad offrire alle persone un posto un po’ diverso dove divertirsi in compagnia».

La riapertura degli altri due impianti è cosa però più complessa: un milione di euro la cifra stimata. Troppo per poi rischiare di scontrarsi con le problematiche che avevano già costretto i precedenti proprietari a gettare la spugna. E poi ci sono le chiusure dettate dalla pandemia, ma quelle sono un’altra storia.

Chissà se tra 10 o 20 anni nevicherà a 1.300 metri di quota, se la gente gradirà ancora sciare in notturna o frequentare stazioni con meno di 30 chilometri di piste. No, non sono interrogativi che chi incrocia le dita ogni giorno guardando il meteo è solito porsi. Di certo il motore continuerà a ruggire ogni inverno, finché ne avrà la forza.

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