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La storia della giovane attrice torinese nell'anno dei teatri chiusi, tra progetti, sogni e speranze, in attesa che il sipario torni ad alzarsi

IL TEATRO DI ELISA MACARIO BAN, UN MONDO PER RACCONTARE IL MONDO

Elisa Macario Ban ama raccontare il mondo attraverso il teatro. Il teatro civile, il teatro di strada, il teatro e basta perché in fondo non fa differenza. Quella di Elisa è una delle mille storie di giovani appassionati e appassionate di qualcosa che va oltre il lavoro perché la creatività e l’espressione del corpo, della voce e del viso vanno sempre oltre il lavoro. Una delle mille storie di giovani che sognano il successo impastando la propria professione con la vita, qualunque sia il successo che sognano.

Elisa Macario Ban vive a Torino ma le sue origini sono a Ciriè, verso le montagne e sulle montagne stesse, dove incomincia a recitare e a raccontare e dove la vita la si percepisce e la si racconta per strada, tra una folata di vento freddo o la rugiada di una sera d’estate, quando la gente cerca le storie delle masche e dei propri antenati. Alle montagne si avvicina fin da ragazzina, Elisa, quando va studiare all’Albert di Lanzo. Lì il teatro l’ha già nel sangue anche se non sa ancora bene che cosa sia. In realtà il teatro l’ha conosciuto alla scuola media di Ciriè, con i professori Naretto e Piazza, ma è negli ultimi due anni delle scuole superiori che la passione si alimenta e si avvicina a quella che in breve tempo diventa prima una disciplina di studio e poi una professione.

A Lanzo attraverso la scuola conosce Claudio Montagna, attore e regista, frequenta i suoi laboratori e soprattutto scopre la passione che le brucia dentro ma lei ancora non conosce perché a quell’età c’è bisogno di qualcuno che la fiamma la sappia riconoscere e la tiri fuori. «Scoprii quanto è bello conoscere le radici del teatro di strada, andare in mezzo alla gente, conoscerla e raccontarle il suo mondo», dice Elisa nel corso di un’intervista senza domande perché quando le dici che vorresti raccontare la sua passione per il teatro lei attacca e senza prendere fiato ti racconta un mondo.

Dopo l’Albert si iscrive a Scienze dell’Educazione e prende una laurea triennale in pedagogia, intanto studia teatro in tutte le salse e fa le sue prime esperienze, collaborando con alcune associazioni del territorio e per sette anni è la voce narrante delle storie di masche e di tradizioni popolari sulle nostre montagne, nelle sere d’estate quando la gente dalla città sale a cercare frescura e soprattutto suggestioni. In quegli anni, tra il 2010 e il 2015, oltre che con Claudio Montagna studia e collabora con professionisti del calibro di Eugenio Allegri, Laura Curino, Cristina Castrilio e Bruna Gusberti del Teatro delle Radici di Lugano, Danny Lemmo, Daniele Gaglianone, Maurizio Babuin, Mauro Piombo, Maurizio Tropea, Emanuela Panatta, Paolo Mazzini. Poi, nel 2015, il grande salto, la decisione che non può non essere presa: «Prendo il mio fagotto e parto», dice lei, e si iscrive alla Scuola di Teatro Alessandra Galante Garrone di Bologna, dove si diploma nel 2018.

Lì la sua maturazione di studente si compie, ma soprattutto in quegli anni si intreccia con un’altra esperienza molto importante per Elisa. Che nel frattempo ha anche deciso di continuare l’università e di prendere la laurea magistrale in scienza pedagogiche. Si laurea nel 2016, mentre è già alla Galante Garrone di Bologna, ma ciò che conta è che nei due anni del corso magistrale conosce lo scrittore e docente Alessandro Perissinotto, segue i suoi corsi e proprio con lui decide di laurearsi. Quella è l’esperienza determinante. Quella e tutte le altre precedenti e contemporanee, perché alla fine il cerchio si chiude e tutto collima, come se i semi gettati negli anni della formazione arrivassero finalmente a maturazione trovando il terreno e l’umidità giusta per esplodere alla vita.

Con Perissinotto intraprende una bella collaborazione, lo scrittore torinese le affida vari incarichi di scrittura e drammaturgia, la prima fin dal 2016 come assistente alla regia di Storie di gente senza storia, con Assemblea Teatro. Nel frattempo lavora a varie opere, dall’Elisir d’amore e dal Werther di R. Cucchi alla Cavalleria Rusticana per la regia di E. Dante, dall’Elettra di Euripide per la regia di W. Pagliaro a Cuori a gas di L. Salveti. Ma il pezzo forte arriva nel 2019, quando sempre Alessandro Perissinotto le affida la regia e drammaturgia di Sacre Sindoni, sulla triste storia della fabbrica della morte, l’Ipca di Ciriè. È lì che si chiude il cerchio, Elisa torna sulle strade della sua terra a raccontare una storia della sua terra e anche della sua famiglia, dal momento che anche il nonno paterno morì a causa di quella fabbrica.

La prima messa in scena avviene in Val d’Ayas nell’agosto 2019, ma il debutto vero e proprio è a Torino, nel novembre dello stesso anno nell’ambito del Festival Fertili Terreni Teatri. E parte decisamente bene, Sacre Sindoni: con la sua drammaturgia Elisa Macario Ban arriva alle semifinali del premio Tragos di Milano e ottiene una segnalazione speciale al concorso letterario del Teatro Aurelio di Roma e al concorso letterario Salvatore Quasimodo.

Poi arriva la pandemia, il mondo s’inceppa, il lavoro si ferma e sui sogni degli attori si chiude il sipario. Quando arriva il primo lockdown Elisa sta lavorando alle prove della lezione concerto Ritratti di Signora scritta e diretta da Alessandro Perissinotto e promosso dall’Università di Torino. E naturalmente tutto s’interrompe.

Elisa intanto lavora, per fortuna, fa valere la sua laurea e insegna alla scuola primaria “Giuseppe Allievo” di Torino. Ma non vede l’ora che il sipario si rialzi. Scrive drammaturgie, elabora nuove opere, fa provini, ma il palcoscenico prima o poi dovrà rialzarsi per dare vita alla professione che sogna. Sogna il vero teatro civile, dove il racconto è prima di tutto educazione e formazione, dove il teatro è pedagogico. E dove il cerchio si chiude.

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