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Al centro del nuovo romanzo edito da Garzanti l'autrice narra il rapporto fra madre e figlia e il legame con un amore del passato. Sullo sfondo, gli amati paesaggi del Trentino

FIOLY BOCCA “QUANDO LA MONTAGNA ERA NOSTRA”

“L’euforia di un momento prima si dissolve quando realizza che la grazia vera, nei giorni di ciascuno, è desiderare, e la più grande sconfitta è la resa all’esistente, alla geografia tracciata dei percorsi quotidiani, senza più confini del mondo da raggiungere.”

È arrivato a settembre in libreria il quarto romanzo di Fioly Bocca, Quando la montagna era nostra, pubblicato con Garzanti. Attaccatissima alla sua terra d’origine, il Trentino, Fioly Bocca vive nelle colline del Monferrato, lavora nel campo dell’editoria e da qualche anno è stata scoperta dal pubblico quale autrice sensibile ed appassionante.

I suoi precedenti romanzi, editi da Giunti, sono densi di emozioni, di scelte di vita importanti, di personaggi sfaccettati e pronti ad accettare le sfide della vita. Il pubblico ha incominciato ad apprezzare la scrittura di Fioly Bocca con il suo primo romanzo Ovunque tu sarai in cui, in maniera elegante e delicata, ha raccontato la storia di Anita e di sua madre, malata di Alzheimer. Il tema ritorna anche in quest’ultimo romanzo, affrontato con  delicatezza e cura dei dettagli. Lena, la protagonista di Quando la montagna era nostra storia, torna a vivere con i genitori a Vallarsa, in Trentino, dopo il peggioramento della malattia della madre anziana, per starle vicino ma soprattutto per cercare di recuperare un rapporto che le era sempre sembrato difficile e distaccato. Tornare ai suoi luoghi d’infanzia le darà la possibilità di rivivere alcuni ricordi e di riavvicinarsi ad una madre che sta perdendo tutti i ricordi, ma che le vuole dare alcune risposte su domande rimaste per tanti anni inattese. Lena però avrà anche la possibilità di avere un altro importante confronto, quello con Corrado, il suo grande amore di gioventù, sparito senza dare spiegazioni anni addietro. Lena, dopo questa delusione d’amore, si è rinchiusa come in una corazza, ma ritrovarsi tra le montagne che ha sempre amato le darà un nuovo coraggio, quello di cui ha bisogno per capire le ragioni di Corrado e, forse, anche di perdonarsi.

La scrittura di Fioly è delicata, capace di emozionare parlando di legami e di incantare, descrivendo i paesaggi montani a lei cari. Le abbiamo chiesto una breve intervista e lei si è subito dimostrata disponibile, raccontandoci un pò di sé e delle sue storie.

Hai pubblicato quattro libri in pochissimi anni oltre a dividerti tra carriera professionale, famiglia, blog  e amore per la montagna. Una volta scoperta scrittrice non ti sei più fermata: quando hai capito che la tua passione per le parole poteva tradursi in un vero romanzo?

Credo che un primo passo sia stato quando, dopo aver avuto il mio primo bambino una decina di anni fa, ho aperto un blog sulla maternità. Io scrivo praticamente da sempre, ma solo con il blog ho scoperto che mi piaceva farlo anche per essere letta e non solo per me stessa. A quel punto erano già molti anni che una storia piuttosto corposa mi girava in testa. E così, anche come tappa di un percorso nell’elaborazione di un dolore importante, ho cominciato la stesura di quello che è diventato “Ovunque tu sarai”, il primo romanzo.

Leggendo il tuo romanzo, ho cercato su internet le fotografie dei paesaggi di montagna che hai descritto, perché non sono (ancora) mai stata in Trentino. Le montagne che fanno da scenografia alla tua storia hanno la potenza narrativa di un vero e proprio personaggio. Quanto è importante per te avere un posto in cui potersi rifugiare e rigenerare?

È fondamentale. La Vallarsa è il posto al mondo che più sento mio. Quando sono tra le mie montagne posso dire di sentirmi a casa, anche se questo è solo parte di una sensazione non completamente traducibile a parole. Lì avverto le mie radici e forse anche il non poter frequentare quei luoghi tutto il tempo che vorrei -per impegni lavorativi e familiari- li rende ai miei occhi salvifici.

Lena la si scopre man mano nel romanzo, si alternano ai suoi ricordi di quando era piccola le vicissitudini che l’hanno portata a diventare una donna indipendente. È un personaggio in cui è facile riconoscersi con le sue fragilità, raccontate con molta delicatezza dalla tua penna. Hai sempre scelto protagoniste femminili, personaggi vivi e in movimento. Probabilmente per questo, a volte, i tuoi libri sono stati etichettati come romanzi femminili: proviamo insieme a sfatare questo luogo comune.

Sì, esiste purtroppo questa bollatura su romanzi scritti da donne che, secondo un vecchio eppure moderno pregiudizio, dovrebbero essere indirizzati a un pubblico esclusivamente femminile, o quasi. Come se parlare di sentimenti ed emozioni non fosse adatto a un colloquio con lettori uomini. Come se la scrittura fosse diversa a seconda che venga praticata da uomini e donne e non fosse invece diversa per ogni singolo individuo che l’approcci. Credo che sia il risultato di un retaggio culturale che si riverbera sulla letteratura e che ha origini molto lontane. Per questo motivo ai miei due figli – maschi entrambi – parlo spesso di emozioni e sentimenti e li spingo a interrogarsi a loro volta sulla parte più profonda e intima di loro stessi. Spero che diventino lettori, ma soprattutto persone, capaci di riconoscere il valore per quello che è, e non a seconda che provenga da uomo o donna, o da qualsiasi altra categoria entro cui il bisogno di etichettare di alcuni costringe la vita.

Il rapporto figli e genitori è molto “presente” in letteratura. Mi è piaciuta molto la scelta che hai fatto tu, ovvero di raccontare il momento in cui Lena prende consapevolezza che non può più essere solo figlia, ma che è arrivato il momento di diventare lei stessa la colonna della famiglia e sostenere i genitori.  un momento cruciale per ogni figlio, tu che sei sia figlia che madre, hai un consiglio da dare su come affrontare questo passaggio nella vita di adulto?

Sono d’accordo con te: si è costretti a crescere quando non si può più fare soltanto i figli e ci si deve occupare di chi prima si occupava di noi. Purtroppo non ho consigli da offrire. Penso che la sola cosa che si possa fare, quando si presenti questa temuta circostanza, sia ricambiare almeno in parte tutto l’amore che si è ricevuto. Credo che solo questo possa alleviare almeno un po’ il dolore che inevitabilmente fa da compagno a questa tappa dell’esistenza.

La madre chiede a Lena di raccogliere i suoi ricordi in un quaderno prima che le sfuggano del tutto. Avere un quaderno su cui annotare i ricordi e i pensieri è utile a tutte le età e in molti dicono essere anche terapeutico. Vale così anche per te e le tue storie nascono da qualche appunto scritto a mano?

Sì è così, da tempo immemore compilo un diario quotidianamente, oltre a tutta una serie di altri appunti che prendo su quaderni e bloc-notes sparsi. Mi rendo conto che si tratta di una vera e propria mania ma è come se questo mi aiutasse a mantenere una specie di equilibrio interiore. Credo nasca come tentativo di non perdere nulla di quanto accade, di fermare su carta ogni momento della vita, felice o meno. Allo stesso tempo risponde a un mio bisogno di autoanalisi poiché ho l’impressione di capire meglio i miei pensieri se li metto per iscritto.

Il 2020, per molti versi, è un anno da dimenticare, ma qualcosa di positivo ci dovrà pur essere. Se dovessi scrivere nel tuo quaderno dei ricordi un pensiero positivo sul 2020 cosa ci faresti leggere?

Hai perfettamente ragione nel dire che il 2020 è stato un anno difficile, sotto molti punti di vista. Però è vero che ogni momento critico offre qualche spiraglio di luce; per quel che mi riguarda è stato fondamentale fermarmi spesso a riflettere su quali siano davvero le cose importanti e rendermi conto, per quanto possa sembrare banale, che ci sono la mia famiglia e gli amici pronti a sostenermi e a condividere il bello e il brutto tempo. Poter ringraziare per questo, ogni sera, mi sembra già moltissimo.

Buona lettura!

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