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La storia di Stefano Linguanotto e del suo sogno nell'entroterra ligure per un nuovo e migliore equilibrio tra l'uomo e la natura

DA VOLPIANO ALLA VALLE STURLA PASSANDO PER LA GUINEA

Che nesso c’è tra Volpiano e la Valle Sturla, tra un angolo di Basso Canavese e l’entroterra ligure? Forse, più che un nesso, il desiderio di far rivivere un territorio, riportarne alla luce la storia, le tradizioni e le vite di coloro i quali hanno abitato quei luoghi. Condividere e scambiare buone pratiche di agricoltura sostenibile e biologica coniugando saperi antichi e innovazioni tecnologiche per instaurare un diverso rapporto con la terra e con ciò che essa produce. Semplici ma importanti obiettivi a cui il volpianese Stefano Linguanotto cerca di dar forma attraverso il recupero di un lembo di terra nell’alta Valle Sturla, in Liguria.

Stefano, un volpianese in Valle Sturla

La storia che lega Stefano alla Valle Sturla è relativamente recente, ma tanto ricca di lavoro, di progetti e di sogni da meritare di essere raccontata. Stefano cresce nella Volpiano degli anni ’80, fra l’oratorio di don Beppe, le partite al campo di basket nella palestra del paese e gli studi al liceo di Rivarolo. Diventato veterinario, nel 1997 decide di partire come cooperante per la Guinea, con lo zaino pieno dei sogni e dell’ingenuità di chi si affaccia al mondo. E da lì non si ferma più: Cambogia, Myanmar, Brasile, Madagascar, Mali, Tunisia, Burkina Faso sono i paesi in cui opera in più di vent’anni di lavoro, progettando e organizzando piani di sviluppo economico e rurale per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni locali. Rientra spesso in Italia, perché le radici e gli amici storici sono ancora in paese, ma per brevi periodi perché ormai vita e famiglia sono altrove: non è più solo volpianese, è cittadino del mondo.

È un sabato mattina caldo e soleggiato quando arriviamo a Castagnello di Borzonasca, in Valle Sturla, una manciata tra edifici e ruderi abbarbicati fra terrazzamenti, che tentano faticosamente di resistere al trascorrere del tempo, e boschi inselvatichiti che spingono per riprendersi il controllo del territorio. Stefano ci viene incontro sorridente da una stradina acciottolata seguito da Zar, il giovane e scodinzolante meticcio dei suoi vicini liguri, che pare felicemente incuriosito nell’annusare nuovi esseri umani da quelle parti.

Realizzare un sogno nell’entroterra ligure

Ciò che colpisce in questo giovane volpianese è la passione che traspare mentre racconta un sogno, il suo, che parte da lontano. Quando ha acquistato il terreno e il rustico in Valle Sturla, infatti, doveva farne semplicemente un “buen retiro”, da ristrutturare pietra dopo pietra e a cui fare ritorno dopo i tanti anni passati all’estero. E se naturale è stato adottare l’entroterra ligure come approdo (sua moglie Debora, cooperante anche lei, è genovese), inattesa è stata invece l’evoluzione che questi sogni hanno avuto nel corso del tempo.

Così, forte dell’esperienza consolidata in giro per il mondo, Stefano decide di fermarsi in Italia un po’ più a lungo per mettere mano concretamente alle idee che la sua mente macina senza sosta. Si rimbocca le maniche e inizia a documentarsi: ricerca fra le fonti ufficiali; rovista fra arnesi arrugginiti e strani manufatti, fra stralci di vita ammaccati, strappati o scoloriti dal tempo e ammucchiati alla rinfusa nei bauli o dimenticati in qualche cigolante credenza nel suo rustico; interpella la memoria storica che ancora resiste per farsi raccontare i segreti di chi ha ancora nelle rughe e nei calli la fatica e l’onore di quegli antichi saperi. Il sogno ora può prendere corpo e anima.

Mentre ci accompagna alla scoperta di questi luoghi, Stefano ci spiega che fino agli anni settanta la presenza umana da queste parti era ancora florida e sostenuta da una buona economia agricola; poi è arrivato il lento e inesorabile declino perché la terra è fatica e devozione, e all’epoca si pensava fosse più facile avere sulle mani il segno nero delle fabbriche e del porto, che non quello marrone della terra. Ma non è una novità, a guardar bene: è la stessa narrazione che si è ripetuta in tutte le zone rurali d’Italia, nella Valle Sturla come nel Torinese dove, per lungo tempo, molti dei paesi satelliti sono stati il dormitorio degli operai Fiat e delle loro famiglie, così come un tempo, nell’Eporediese, l’Olivetti aveva dettato i ritmi dei piccoli centri che vi gravitavano intorno fin su, nelle montagne sopra Ivrea. In Liguria inoltre, l’esplosione del turismo di massa ha concentrato gli sforzi economici e professionali lungo la costa, svuotando a poco a poco l’entroterra e lasciando qua e là piccoli borghi fantasma a resistere all’incuria e all’avanzare inesorabile della natura.

In Valle Sturla per recuperare l’equilibrio uomo-natura

«Il problema è proprio questo: mancando la mente e la mano dell’uomo, un ecosistema pressoché perfetto comincia a scricchiolare e nel peggiore dei casi si spezza. Incendi, smottamenti, animali selvatici sempre più vicini ai centri abitati, mestieri che rischiano di scomparire possono rompere l’antico ma fragile equilibrio tra uomo e natura», ammette Stefano in tono preoccupato mentre con lo sguardo sembra cercare risposte al di là del bosco che ne segna i confini.

La conoscenza sempre maggiore di questi luoghi lo spinge allora a confrontarsi con esperti, a studiare, elaborare, persino a sporcarsi letteralmente le mani. Infatti, aiuta le maestranze locali a ricostruire i muri a secco dei terrazzamenti sul suo terreno e ripristina i “beo”, gli antichi canali di irrigazione che servivano a bagnare i versanti a picco sul mare. Con l’aiuto di un agronomo impara a conoscere le caratteristiche organolettiche di quella terra e a comprendere che anche le erbe spontanee sono in grado di migliorare produttività e stabilità in modo naturale. Studiando le specie forestiere e quelle autoctone della Valle Sturla, scopre che, oltre al nobile ma scontato ulivo, il suo e gli altri castagneti sono una presenza costante della Valle Sturla e in generale dell’entroterra ligure fin dal Medioevo «perché del castagno non si butta via niente, come per il maiale», gli ha spiegato un vecchio contadino. Non per nulla, infatti, venivano chiamati gli “alberi del pane”: essiccate le castagne, se ne ricavava farina per il pane, appunto, ma anche focaccia, biscotti e torte. La castagna valeva persino come moneta di scambio e le bucce, ovviamente, non venivano buttate ma si usavano per rinforzare il fuoco dell’inverno. Inoltre, il legno dei castagni era troppo pregiato per diventare legna da ardere, così veniva usato per tetti, steccati, arredi e utensili. Dunque condivisione, scambio, riutilizzo, riciclo. Economia circolare ante litteram.

Nel cuore della Valle Sturla un host di WOOF Italia

Durante i momenti di pausa che la natura ti costringe a vivere, Stefano inizia anche a trasformare l’antico casolare di fine ‘800 in una piccola struttura ricettiva, in grado di sposare quel progetto di economia rigenerativa a cui aspira. Ad esempio, fa installare il bagno ecologico o, per meglio dire, la toeletta compostante (una realtà ormai diffusa e consolidata nel nord Europa), un gabinetto studiato per separare e trasformare in compost le deiezioni umane: i rifiuti si trasformano da scarto scomodo e inquinante in una fonte preziosa di materie prime. Etichettarlo semplicemente un bed and breakfast sarebbe, però, un po’ riduttivo visto che Stefano, nel frattempo, è diventato in Valle Sturla host per WOOF Italia (World-Wide Opportunities on Organic Farms), un’associazione internazionale che ha l’intento di promuovere la cultura del sostenibile mettendo in relazione progetti rurali come il suo con volontari disponibili ad aiutare nelle attività lavorative quotidiane, a imparare tecniche agricole che salvaguardino l’ambiente o, nel suo caso, disposte anche a condividere competenze diverse e specifiche ma spendibili all’interno del suo audace progetto.

Saldare il “debito” verso la Terra

Un tema, quello della condivisione, che lo arrovella durante il lavoro quotidiano. Persino la sera mentre sulla terrazza, stanco ma felice, assapora il silenzio ancestrale della natura sotto la volta stellata: è così infatti che matura l’idea di un blog che sarà presto on line, un luogo virtuale, contraltare di quello fisico, in cui esperienze e conoscenze possano tradursi in una sorte di formazione culturale collettiva e condivisa, in un’esperienza che affratelli e che porti a una con-divisione ancora più profonda e diffusa.

Redditività economica che si coniuga con il rispetto dell’ambiente, nuove frontiere tecnologiche con tradizioni e cultura. Una sfida, insomma, che parte dalla Valle Sturla ma che vale per qualsivoglia territorio. «Abbiamo un debito enorme verso la Terra», dice Stefano congedandoci. Ma se prima del conflitto in Ucraina riuscivamo maldestramente a fingere coprendoci gli occhi, a rimandare e demandare ad altri scomode decisioni, ora siamo chiamati tutti a mettere in discussione i nostri comportamenti per ripensare con urgenza a un presente più sostenibile e ridisegnare un futuro nuovo, consapevoli che “non c’è rivoluzione possibile se non a partire dalla qualità della vita collettiva e di ciascuno di noi (cit. operavivamagazine.org)”.

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2 Commenti

  1. Elisa

    Articolo molto interessante e di riscoperta dei luoghi.
    È possibile avere un riferimento email del Dr. Linguanotto.

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  2. mariagrazia

    Buongiorno, gradirei anch’io entrare in contatto con Stefano per una consulenza riguardo un progetto simile in Piemonte. grazie

    Rispondi

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